Prima mostra personale (Galleria d’arte “il Pozzo”)
Nunzio Nivola ha compiuto i suoi studi a Sassari presso l’Istituto Statale d’Arte diplomandosi in pittura.
Dotato di notevole talento naturale cerca, in piena indipendenza dalle suggestioni familiari e da quelle scolastiche, una sua forma espressiva che appare già chiaramente delineata in questo suo primo serio tentativo di colloquio con il pubblico e con la critica. Nunzio cominciò a manifestare la sua vocazione figurativa, nella prima adolescenza, rappresentando le cose con la stessa candida diligenza con cui solo qualche anno prima aveva disegnato le lettere dell’alfabeto; come tutti i figli maschi dei Nivola di Orani era destinato al noviziato murario (e faceva già il manovaletto), poi suo padre cambia idea e lo manda alla Scuola d’Arte di Sassari, dove di recente ha compiuto i suoi studi, ora dopo aver fatto e rapidamente consumato alcune esperienze formali di figurazione, è ritornato al modulo iniziale della sua stesura grafica che, affinata e soprattutto consolidata anche nel senso della scelta stilistica, è diventata una “calligrafia” quasi morfologica dell’oggetto reale intesa specialmente come descrizione architettonica e muraria, che sembrerebbe, ma ovviamente non può più essere, di pura estrazione naive.
I risultati di quest’nteressante sviluppo figurativo, che per di più può acquistare un espresso carattere contestativo (nell’odierno groviglio fantascientifico degli stili e delle tecniche) sono i 47 disegni dipinti che Nunzio presente al pubblico per la prima volta.
Costantino Nivola che si diverte spesso a vantare la propria discendenza dal patriziato murario di famiglia, direbbe, se fosse qui, che questo suo giovane nipote disegna così perché anche lui si è esercitato fin dall’infanzia con l’occhio, la forma e il volume della pietra e, estensivamente il dettaglio di tutte le cose figurate.
Ma anche le zone di colore delle tele e dei cartoni di Nunzio fanno pensare meno alla pittura dipinta e più alle fantasie cromatiche di schietto valore impressionistico dell’arte muraria locale, che comportava i getti di calce tinta sui muri di pietra viva, su pareti e camini e intorno alle porte e finestre dei vecchi fabbricati; colorito estroso quindi meno meditato e sperimentato del segno grafico, che però lascia intravedere ulteriori sviluppi specie nell’irruenza degli smalti, come in alcune tenere vibrazioni di luce negli oli.
Fra i numerosi novizi che oggi in Sardegna scelgono la via sempre più difficile delle arti, Nunzio comincia già a distinguersi perché non ha la pretesa di saltare a piè pari la grammatica e ogni altra regola o legge del linguaggio figurale che, volere o non volere, è tuttora condizionato alla reale e concreta dimensione fisica, oltreché spirituale, dell’uomo contemporaneo.
(Nota critica – Raffaello Marchi)